Il Verduzzo trevigiano è stato introdotto in provincia di Treviso, nella zona di Motta di Livenza, agli inizi del ‘900, essendo probabilmente di origine sarda, come riportato dal Cosmo nel 1962.*
Dopo aver vissuto una grande espansione soprattutto nel secondo dopoguerra, il Verduzzo trevigiano ha vissuto negli ultimi 15 anni una fase di grande contrazione, a vantaggio di varietà più quotate come glera, pinot grigio e chardonnay.
Il grappolo di Verduzzo trevigiano è di media grandezza, cilindrico piramidale, alato, mediamente compatto. L’acino si presenta ovale, di media grandezza con buccia di colore verde, che talvolta diventa dorata nella parte maggiormente esposta alla luce.
Nella pianura dell’opitergino – mottense è solitamente l’ultima varietà a bacca bianca ad essere raccolta, a ridosso dell’inizio della vendemmia dei rossi (seconda metà di Settembre).
Si tratta di un vitigno di buona vigoria, per questo coltivato un tempo a Bellussi o a cassone, sistema ormai scomparso. L’uva perfettamente matura viene poi raccolta manualmente e destinata a due diverse vinificazioni:
– Vinificazione in bianco con iperossidazione del mosto e sosta in cemento.
– Macerazione in barrique nuova di rovere francese per 6 mesi.
Dalla prima vinificazione nasce “Il nostro bianco” mentre dalla seconda nasce “Aureum”. Stiamo inoltre sperimentando altre due vinificazioni di cui vi daremo conto nei prossimi mesi.
Il Verduzzo trevigiano è stato iscritto al registro nazionale delle varietà di vite nel 1970 con il numero di catalogo 257 e nel 1971 è stata istituita la denominazione DOC Piave. Giuseppe Cescon ha deciso di andare controcorrente continuando a investire sul Verduzzo trevigiano, accogliendone le peculiarità e valorizzandolo a partire da un importante lavoro in vigna. I nostri vigneti sono allevati a guyot con una densità di 5.600 ceppi per ettaro e vengono potati secondo il metodo Simonit e Sirch, con l’obiettivo di garantire alla pianta una lunga vita.
Nel periodo autunnale vengono seminate le cover crop, sementi di piante autunno vernine quali rafano, veccia, pisello proteico, trifoglio rosso, facelia, … le cui radici mantengono il terreno morbido ed areato, ne prevengono l’erosione, e lo arricchiscono di azoto e altre sostanze organiche, che la pianta trova al suo risveglio in primavera. A tempo debito viene effettuata un’accurata scelta dei germogli e nel corso del mese di agosto viene effettuato il diradamento e il raddrizzamento dei grappoli, per favorirne una migliore esposizione che favorisca il raggiungimento della completa maturazione. Questo permette di mantenere una resa intorno agli 80 quintali per ettaro.
*da “Il Verduzzo, recupero del biotipo Motta”, di Severina Cancellier, Enzo Michelet e Giampiero Rorato.